etichetta birra artigianale
Immagine di Birra Turan

Birra Turan

Etichetta birra artigianale: cosa c’è (e cosa no) dietro una bottiglia di qualità

Cosa deve riportare l’etichetta di una birra artigianale? E cosa c’è sull’etichetta Turan? Tra obblighi di legge, trasparenza e scelte di stile, scopriamo cosa racconta davvero una bottiglia!

 

Etichetta birra artigianale: quando ci troviamo di fronte a una bottiglia di birra artigianale, spesso veniamo attratti dalla grafica dell’etichetta o dal nome evocativo. Ma sappiamo davvero cosa ci racconta quell’etichetta? Per fare chiarezza, abbiamo intervistato Diego Velonà, mastro birraio di Birra Turan, che ci ha spiegato cosa è obbligatorio indicare per legge, cosa distingue una vera birra artigianale e quali sono gli elementi che rendono un’etichetta completa e trasparente, con focus ovviamente sulle birre Turan.

 

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Diego Velonà, mastro birraio di Birra Turan

“Prima di tutto, deve essere indicato che il prodotto è birra. Ma per poterlo fare, ci sono dei requisiti precisi: tra gli ingredienti devono esserci malto d’orzo (almeno il 60%), luppolo e lievito. Se manca uno di questi elementi, non si può legalmente chiamare birra”, dice Diego Velonà. “Alcune diciture sono sparite, come ad esempio birra doppio malto. Al contrario, altre informazioni sono diventate obbligatorie, come l’elenco degli ingredienti (con allergeni in evidenza, come l’orzo), il grado alcolico e la dicitura birra analcolica se il contenuto alcolico è inferiore all’1,2%. Quando si legge 0.0, significa invece che l’alcol è davvero assente”, prosegue.

Oltre a questi, l’etichetta di una birra deve riportare anche la quantità netta del prodotto, il termine minimo di conservazione, il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore responsabile (che può essere il produttore o l’imbottigliatore), il lotto di produzione per garantire la tracciabilità e l’indicazione dello stabilimento di produzione o confezionamento, che può essere espressa anche tramite codice identificativo. È inoltre obbligatorio inserire le indicazioni per il corretto smaltimento dell’imballaggio.

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Una parte di etichetta della White Turan

E per quanto riguarda la dicitura birrificio artigianale? Le parole del mastro birraio: “Per potersi definire birrificio artigianale, bisogna produrre meno di 200 mila ettolitri annui, ma questo è il criterio meno rilevante, non appartenere a gruppi industriali, cioè la produzione della birra deve essere l’attività principale, e produrre birre non pastorizzate e non filtrate“.


Passiamo ora all’indicazione dello stile: “Metterlo non è un obbligo di legge, ma è una buona prassi. Da birrifici come il nostro, è anche una scelta di trasparenza e comunicazione. Noi ad esempio chiamiamo le nostre birre con il nome dello stile: IPA, White, Golden, Tripel. Tranne Sfumatura, la nostra birra storica, che comunque presenta note affumicate, quindi il nome è azzeccato! Indicare lo stile aiuta il consumatore a capire cosa aspettarsi, anche se dal punto di vista legale non ci sono rischi nel non farlo o nell’indicare uno stile sbagliato”, continua Velonà.

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Una parte di etichetta della Sfumatura Turan

Che altro presentano di particolare le etichette delle birre Turan? “Mettiamo le materie prime: luppoli, lieviti, malti. Così chi beve può farsi un’idea di profumi, corpo e sapore ancora prima di stappare. Abbiamo il marchio Birrificio Indipendente di Unionbirrai, associazione di categoria che certifica l’artigianalità del produttore. È una garanzia in più per chi sceglie consapevolmente una birra artigianale. Ci sono inoltre due icone che consigliano di tenere la bottiglia in piedi, mai coricata. Le birre artigianali contengono lieviti, e se lasciate orizzontali rischiano di far finire i depositi nel bicchiere al momento del consumo. Infine c’è il galletto, il nostro simbolo, ma anche parte dell’identità della birra Turan. Racconta una storia fatta di radici, stile e carattere. Proprio come le nostre etichette”, conclude Diego Velonà.

 

 

 

 

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